Medicina Ayurvedica: linee guida per una buona pratica professionale 1° parte

Linee Guida Ayurveda professionale | Ayurvedic Point©

Natura e Benessere 21: 30-34 (2006)
a cura di: dr. Antonio Morandi, dr.Guido Sartori

In queste pagine gli autori ci presentano le Linee Guida per una Buona Pratica Professionale in Medicina Ayurvedica allo scopo di evidenziare come tale Medicina, pur avendo una propria originaria fisionomia, possa ugualmente conciliarsi con l’odierna realtà quotidiana occidentale.
Le Linee Guida sono state presentate dalla S.S.I.M.A. - Società Scientifica Italiana di Medicina Ayurvedica. al Comitato Permanente di Consenso sulle Medicine Non Convenzionali come contributo alla regolamentazione della pratica della Medicina Ayurvedica. 

L’Āyurveda sta riconquistando anche in Occidente, e specialmente in Italia, il suo carattere di Arte della Medicina: Arte della Medicina perché il medico non può essere solo un tecnico preparato ed abile. Le reali situazioni che egli si trova ad affrontare, peraltro, sono sempre imprevedibili e legate alla soggettività della persona con la quale si entra in relazione terapeutica. Le definiamo dunque Linee Guida proprio per sottolineare l’alto livello di responsabilità che il Medico Ayurvedico sa di dover affrontare in un contesto culturale in cui la delega ad altri – strutture o protocolli terapeutici – è ormai assurta a regola condivisa.

Le Linee Guida riguardano aspetti normativi e tecnici assicurati dalla legislazione e dalle scuole di formazione, ma anche l’impegno personale di ricerca interiore con i mezzi forniti dalla tradizione orientale quali la pratica di Hatha Yoga e della Meditazione introspettiva. Le Linee Guida non possono imporre una particolare pratica personale in quanto le tecniche meditative, pur avendo modalità differenti nell’ambito delle varie tradizioni, si propongono tutte il comune scopo di confrontare cuore, emozioni e mente con l’Assoluto cui ciascuno darà nome e forma a lui confacenti. Ci preme sottolineare ciò perchè prima che medici siamo donne e uomini debitori all’Assoluto della nostra umanità cui in nessun modo e nello svolgimento di alcun compito ci è dato di rinunciare.

Presentazione

Come scrive il poeta Kalidasa:

Tutto ciò che è antico non è necessariamente vero; tutto ciò che è nuovo non è necessariamente privo di difetti. Per il saggio entrambi sono accettabili solo se superano prove di validitaà. Chi è privo di saggezza sarà sviato dall’opinione altrui (Malavikagnimitra).

L’Āyurveda è una scienza antica, una prassi consolidata, una filosofia di saggezza sulla quale si potrà emettere un giudizio solo dopo uno studio approfondito della sua storia, della sua letteratura e della sua odierna pratica clinica. L’Āyurveda è pensata, praticata e verificata anche ai nostri tempi; occorre dunque continuare in questa ininterrotta linea di ricerca utilizzando anche gli odierni mezzi tecnologicamente disponibili.

L’Āyurveda viene dichiarata eterna perchè non ha inizio, perchè si occupa delle tendenze innate derivanti dalla natura e perchè la natura della materia è eterna. Infatti non vi fu mai un’interruzione nella continuità della vita o nella continuità dell’intelligenza. L’esperienza della vita è perenne — Charaka Samhita, Su. 30, 27.

Dalle parole di Charaka, l’autore del più antico trattato sull’Āyurveda, emerge che il medico si trova inserito in un flusso ininterrotto di intelligenza in atto. Questa intelligenza si esprime come ayus, la durata della vita, la longevità; compito del medico è acquisirne la conoscenza veda. Il modo con cui accedere a tale conoscenza

è chiamato Āyurveda perchè ci dice quali sostanze, qualità ed azioni migliorano la qualità della vita e quali no —CS. Su. 30, 2).

La proposta e la sfida insite nell’Āyurveda ci inducono a fare scienza di tutti gli aspetti che ci compongono:

  • la realtà fisica del corpo e del mondo in cui oggettivamente viviamo, quantificabile;
  • la realtà mentale, emotiva e le idee, rappresentazioni del nostro vissuto, qualificabili;
  • la realtà della coscienza come sostrato dell’intellezione consapevole della propria esistenza.

Le regole che sostengono la relazione reciproca di questi diversi tipi di realtà sono il campo di studio dell’Āyurveda, coniugando l’interesse allo studio del medico con le necessità della persona che si presenta alla consultazione.

L’Āyurveda rivendica ed è in grado di dimostrare la validità dei propri fondamenti epistemologici e sostiene che i paradigmi scientifici occidentali sono solo uno dei modi di procedere nella conoscenza di sé e del mondo (gli stessi metodi scientifici sono epistemologicamente dubitabili).

Il sapere medico tradizionale dell’Āyurveda ha una prospettiva unitaria del cosmo e dell’uomo (teoria dei panca-mahabhuta siddhanta) e si basa su nove visioni filosofiche (darshana) che si occupano di distinte vie per poter sperimentare la suprema verità-realtà (satya) che ci costituisce.

I metodi peculiari alla tradizione dell’Āyurveda si accompagnano alle tecnologie disponibili nel mondo moderno; il Medico che pratica l’Āyurveda chiamato a valutare sempre con attenzione critica volta a non procurare danno ad alcuno, discriminando con chiarezza fra l’esperimento su sistemi fisici in laboratorio, tipico della scienza occidentale, e l’azione clinica sull’uomo.

Una forza invisibile (adrishta niyantrita) governa «l’organizzazione di corpo, organi di senso, mente ed anima» (CS. Su. 1, 42); partendo dal rispetto di questa forza il medico analizza le fasi che costituiscono la vita – nascere, esistere e morire – così come i vari stati che la caratterizzano, ovvero la salute, la malattia, la sofferenza e la guarigione.

In Āyurveda il massimo interesse è rivolto alla forza vitale (prana) che sostiene e previene dalla disintegrazione (dhari), l’atto di vivere (jivitam) esemplificato dal respiro, che sostiene il continuo movimento (nitya ga), in una ininterrotta continuità (anubandha), che ha come radice la presenza della coscienza (chetananuvritti) (CS. Su. 30, 22; CS. Su. 1, 42).

Presupposti

La Medicina Ayurvedica – come già detto – è una medicina tradizionale praticata con continuità in India per millenni; essa è una medicina nel senso pieno del termine perchè si occupa di tutti gli aspetti della persona.

In Occidente l’applicazione della diagnosi e della prescrizione terapeutica della Medicina Ayurvedica è riservata a coloro che hanno conseguito la laurea in Medicina e Chirurgia presso un’Università Statale; in Italia sono inoltre richieste l’abilitazione all’esercizio della professione medica e l’iscrizione all’Ordine Provinciale dei Medici e Chirurghi.

L’applicazione pratica delle terapie fisiche previste dall’Āyurveda è invece appannaggio dell’Operatore di Āyurveda, una figura tecnica complementare a quella del Medico esperto di Āyurveda; il suo successo terapeutico, essendo chatushpada, poggia su quattro pilastri: il medico (bhishak), le sostanze terapeutiche (dravyani), l’operatore (upasthata) ed il paziente (rogi) (CS. Su. 9, 3).

Solo la sensata collaborazione fra questi quattro aspetti della terapia è in grado di ristabilire l’equilibrio fra i dosha il cui disequilibrio è la radice della malattia (CS. Su. 9, 5).

La condotta professionale deve attenersi alle norme del Codice Deontologico in vigore, con l’impegno da parte dei medici di stimolarne, nelle sedi opportune, l’eventuale adeguamento anche alla specificità della Medicina Āyurveda. Va precisato, infine, che la trasmissione del sapere tradizionale dell’Āyurveda comporta una modalità d’interazione fra sciente e discente che risente del clima culturale indigeno dell’India che perdura tutt’ora.

Tale trasmissione è centrata sulla figura del guru, del rishi, di “colui che sa”; come nel nostro Rinascimento l’allievo andava a bottega dall’artigiano rinomato per la sua abilità, così ciascun Medico Ayurvedico si sceglierà il proprio mentore. L’umiltà con cui il discente si presta ad apprendere, apre quei canali (manavahashrota) che permettono di riscoprire in se stessi la corrispondenza alle leggi di Natura: un miracolo che non si lascia mai definire compiutamente, ma che si rinnova nel nostro stupore.

Principi di Etica in Āyurveda

L’Āyurveda promuove svasthya, cioè la salute intesa nel suo farsi positivo, in quanto tale termine, alla lettera, “essere radicati nel sé”.

La tradizione dell’Āyurveda, peraltro, riconosce il sé come la fonte di tutto cui il singolo attribuisce qualità positive o negative. In tal senso l’Āyurveda si pone soprattutto il compito di preservare svasthya, il nostro originario stato di salute e di equilibrio. L’assenza di alterazioni patologiche, arogya, è la condizione che una corretta terapia tende a ristabilire: di questo si occupa concretamente il Medico Ayurvedico senza mai dimenticare il sé che accomuna la natura del medico, del paziente e dei mezzi terapeutici.

Āyurveda è lo studio di ayus, la vita, riguardo alla quale l’Āyurveda conosce ciò che le è benefico e ciò che le è dannoso, ciò che la rende felice e ciò che la rende infelice (CS. Su. 1, 41).

Il complesso corpo-organi dei sensi-mente-spirito agisce come un’unità, jivita, ed il Medico Ayurvedico considera attentamente tutti questi fattori prima di prendere in carico la persona come paziente. Lo scopo della cura con la Medicina Ayurvedica sta nel considerare l’attuale condizione della forza vitale del paziente e la sua propria natura (svabhava) al fine di rigenerarla e ripristinare la salute.

Svariati sono i fattori che portano ad un disturbo dell’equilibrio dei dosha, oltre al clima che influenza con le sue qualità c’è l’errore nel giudicare la propria situazione e ciò che è di aiuto; in quanto all’errore, questo si manifesta in comportamenti anomali e controproducenti che stimolano negativamente la fisiologia (CS. Su. 11, 37).

Il capitolo VIII del Vimanasthana del Charaka Samhita fornisce un’ampia e dettagliata esposizione delle direttive deontologiche dell’azione del Vaidya, il Giuramento di Ippocrate, alla base della deontologia della Medicina Allopatica, presenta in modo succinto un parallelismo tale da fare avvalorare una sostanziale identità del pensiero medico indiano e di quello greco dell’epoca.

Per il saggio il mondo intero è maestro, per chi è stolto tutto si mostra come avversario; infatti, gli insegnamenti corretti che hanno un carattere di validità universale devono essere ricevuti con gratitudine anche da un nemico (CS. Vi. 8; 13, 14).

La saggezza del Medico Ayurvedico si mantiene con lo studio, con l’insegnamento e specialmente con il confronto fra colleghi (CS. Vi. 8, 15).

La Formazione per i Medici

La formazione post-laurea in Medicina Āyurveda si articola in una formazione teorica e in una pratica clinico-ambulatoriale.

La formazione sulle basi teoriche e sulle applicazioni pratiche dell’Āyurveda si attua con un monte ore non inferiore alle 600 ore frontali, con obbligo di frequenza di almeno il 75% delle lezioni, distribuite in quattro anni accademici, con esami di profitto annuali sulle varie materie e discussione di tesi finale.

I quattro anni sono necessari non solo per la vastità tecnica dell’argomento, ma anche per un’appropriata “digestione” delle tematiche, in considerazione del cambiamento di paradigma che viene richiesto al medico per entrare nella logica ayurvedica. Inoltre, il peculiare impianto filosofico dell’Āyurveda, che delinea un particolare rapporto del medico con il paziente, rende necessario da parte del medico l’impegno in una pratica personale di introspezione e di approfondimento psicologico che va anche oltre il periodo di formazione.

La formazione pratica prevede, oltre alle attività durante le lezioni accademiche (anche in comune con il Corso Operatori Āyurveda), un periodo di tirocinio annuale in India di almeno 70 ore/anno, 280 ore nei quattro anni. Tale formazione, oltre alla pratica clinica, prevede anche l’acquisizione presso una clinica ayurvedica accreditata delle tecniche riguardanti i trattamenti fisici terapeutici tipici dell’Āyurveda e l’uso di oli medicati e di altri presidi terapeutici. In alternativa, è previsto un periodo di tirocinio presso un medico riconosciuto (tutor), e la sua supervisione della pratica privata.

Il medico che intende esercitare con competenza ed efficacia la Medicina Āyurveda (vista la vastità della letteratura classica, la complessità dei temi e degli argomenti tipici, la visione del mondo originaria di un clima culturale diverso e la molteplicità delle tecniche diagnostico-terapeutiche) deve rendersi responsabile di un continuo affinamento delle proprie capacità tramite il metodo dell’autoeducazione. Il confronto con colleghi indiani ed italiani attraverso la partecipazione a corsi, convegni e congressi organizzati in Italia o all’estero su argomenti specifici, renderà possibile una valutazione delle proprie esperienze cliniche. Si incoraggia la collaborazione con Istituti di Ricerca o Università per gli studi clinici o per le preparazioni ayurvediche.

Certificazione della Formazione

La certificazione della formazione è per il medico un requisito indispensabile alla sua valorizzazione; essa, peraltro, costituisce un valore aggiunto nella preparazione del professionista e, allo stesso tempo, rappresenta per i pazienti una garanzia di qualità dell’intervento terapeutico. La certificazione è fornita dalle rispettive Scuole che organizzano Corsi e che, a loro volta, debbono essere riconosciute da una Commissione di Certificazione formata da rappresentanti di Istituzioni e di Associazioni specifiche indipendenti che, ogni due anni, ne valuta i programmi e l’operato e ne controlla la validità e la rispondenza ai requisiti minimi necessari. La Commissione di Certificazione, inoltre, valuterà allo stesso modo le Scuole abilitate alla certificazione della qualificazione degli Operatori Āyurveda in merito alla loro conoscenza delle tecniche fisiche dell’Āyurveda, controllando che gli Operatori svolgano la loro attività di concerto con il medico.

 

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Author: ayurvedicpoint