Il “paradigm shift” dell’Āyurveda - Intervista al dottor Antonio Morandi

Copertina della rivista Scienza e Conoscenza con l'intervista al Dr. Morandi sul Paradigm Shift
Intervista al dr. Morandi pubblicata su Scienza e Conoscenza nr. 33, Lug/Sett 2010 

Quello che l’Āyurveda ci propone è un paradigm shift, un modo diverso per “osservare” ed “usare” la natura come meglio noi vogliamo anche attraverso una rilettura dell’impiego delle straordinarie tecnologie sviluppate dal mondo occidentale. Siamo appena agli inizi. Il connubio fra Āyurveda e fisica quantistica è foriero di straordinarie intuizioni destinate a cambiare radicalmente la nostra vita. 

Il termine Āyurveda deriva dal sanscrito, antica lingua indiana, e più precisamente dall’unione di due parole Ayu e Veda. Il termine Veda indica la “conoscenza” mentre Ayu sta ad indicare “vita”, quindi Āyurveda intesa come “scienza della conoscenza della vita”. La vita viene intesa come una continua interazione tra corpo, organi di senso, mente e anima. 

L’Āyurveda si prefigge quattro scopi fondamentali: prevenire le malattie, curare la salute, mantenere la salute, promuovere la longevità. Il termine salute/sano in sanscrito è Svastha che letteralmente significa “stabilizzarsi nel sé” o “nella condizione propria a se stessi”. Vediamo quindi come il concetto di salute viene considerato come condizione naturale dell’uomo, mentre la malattia è vista come un allontanamento da una condizione di normalità. Uno dei principi fondamentali dell’Āyurveda è quello secondo cui l’uomo è considerato una miniatura della natura: la natura è il macrocosmo, l’uomo il microcosmo, quindi i principi presenti nella natura sono gli stessi presenti nell’uomo.

I 5 Dosha 

La finalità che l’Āyurveda si propone è quella di raggiungere un equilibrio delle energie del corpo e della mente. Tali energie derivano da una combinazione variamente articolata dei Cinque Elementi di base (gli elementi che compongono l’Universo ossia etere/spazio, aria, fuoco, acqua e terra) e vengono espresse nei tre principi, chiamati Dosha.

Con una definizione molto semplice possiamo definire tali principi come espressioni bioenergetiche che, per struttura e caratteristiche proprie, governano le funzioni psico-fisiologiche dell’individuo. Secondo l’Āyurveda l’individuo è l’espressione unica e irripetibile della combinazione di questi tre principi fondamentali (dosha): Vata, Pitta e Kapha, la cui prevalenza identifica varie tipologie costituzionali. 

Le tossine 

Errate abitudini, stile di vita, alimentazione, stress e repressione emozionale possono agire sbilanciando l’equilibrio dei dosha di un’individuo e provocando un’alterazione del metabolismo e della fisiologia dei tessuti, con conseguente produzione ed accumulo di Ama o tossine. Queste tossine entrano in circolo e si distribuiscono in tutto l’organismo bloccando i canali che, secondo l’Āyurveda, collegano funzionalmente tutti i tessuti corporei. L’intossicazione influenza progressivamente l’organismo a tutti i livelli, energetico, immunitario e metabolico portando all’espressione della malattia. Ogni malattia è quindi l’espressione di un accumulo di Ama o tossine.

 

L’Āyurveda quindi come chiave per la prevenzione delle malattie e dell’invecchiamento l’eliminazione delle tossine accumulate e la limitazione della loro futura formazione, questo sia attraverso l’adozione di appropriate abitudini alimentari e routine di vita, sia attraverso particolari programmi di disintossicazione.

Antonio Morandi – medico ayurvedico di riconosciuta fame internazionale – ci aiuta a capire lo straordinario potenziale di prevenzione e cura dell’Āyurveda e lo sviluppo della “scienza della conoscenza della vita” in relazione alle scoperte della fisica quantistica: per capire come anche l’Āyurveda sia per l’uomo occidentale una sfida, un benefico e imprescindibile cambiamento di paradigma.

 


 

La medicina ayurvedica è spesso definita come il “gigante addormentato” della medicina naturale. Ciò nonostante, nel nostro paese, essa ha maggiori difficoltà a diffondersi rispetto ad altre medicine tradizionali e naturali. Quale potrebbe essere il motivo di questa minore visibilità pur a fronte di una potenzialità terapeutica così imponente?

 

Teniamo presente che con l’Āyurveda si cura almeno un terzo della popolazione mondiale, quindi il gigante non è addormentato, diciamo che non è appariscente, ma questo rientra nel profilo tipico della mentalità indiana e più generalmente orientale. In Italia la limitata diffusione dell’Āyurveda come medicina è data essenzialmente dal suo recente inserimento nel panorama nostrano, sono infatti non più di 30-35 anni che l’Āyurveda è presente in Italia. Si è invece diffuso, purtroppo ampiamente e con grande velocità, quello che viene chiamato massaggio ayurvedico, che poco o niente ha a che fare con i veri trattamenti fisici ayurvedici, veri e propri strumenti terapeutici che solo terapisti con formazione seria e documentata possono applicare su indicazione e direzione di un medico. Attualmente l’Āyurveda è conosciuta principalmente per i massaggi proposti nelle spa e negli alberghi: si tratta di una sfida per la credibilità dell’Āyurveda che rende il nostro lavoro molto più difficile.

 

L’Āyurveda, più che una medicina è uno stile di vita, una filosofia dell’esistere che conduce, tra le altre cose, al conseguimento della salute e dell’equilibrio psicofisico. Nelle nostre società occidentali è possibile secondo lei perseguire questo tipo di visione? Come possiamo avvicinarci a questi principi universali di salute e benessere nelle nostre frenetiche esistenze?

 

L’Āyurveda è indiana nel nome e nel grande subcontinente indiano che ne ha mantenuta intatta la conoscenza per millenni, ma riflette elementi della natura che sono comuni a tutto il mondo e all’interno universo. L’Āyurveda ci insegna una logica di pensiero che possiamo applicare dove vogliamo. Non dobbiamo essere indiani o in India per praticare l’Āyurveda. Ogni cosa può essere letta con la sua logica e quindi analizzata e possiamo dedurre il da farsi per correggere eventuali alterazioni o processi patologici. L’applicazione del processo logico e dell’osservazione dei fenomeni tipico dell’Āyurveda riguarda tutto, dagli organismi al traffico di una città. L’Āyurveda ci insegna a trovare un significato in tutto, anche in quello che apparentemente è solo negativo o di disturbo e a sfruttare questi eventi per ritrovare un equilibrio. Nelle nostre società noi inseguiamo freneticamente le forme, le apparenze e il tempo, che l’Āyurveda ci insegna a gestire in un contesto mentale diverso. Non dimentichiamoci che è lo stato mentale che determina la percezione della realtà. Ricordiamoci sempre che un bicchiere riempito per metà di acqua può essere visto come mezzo pieno o mezzo vuoto e che questa percezione impatta drammaticamente con la nostra percezione di vita, le nostre decisioni e la nostra esistenza.

 

La medicina ayurvedica è spesso accusata dal sistema medico ufficiale di utilizzare prodotti erboristici e farmaci tossici per la presenza di metalli pesanti o principi attivi dannosi. Di tanto in tanto alcuni rimedi vengono ritirati dal commercio e ne viene vietata la vendita. Eppure sappiamo che la storia iatrogenica dei farmaci di sintesi è ben più grave. Qual è allora il metro di misura delle autorità sanitarie?

 

Facciamo una premessa. Solo negli USA ci sono 100.000 morti all’anno per cause iatrogene di farmaci correttamente somministrati. In Europa sono stati documentati circa 70 casi di intossicazione da farmaci ayurvedici negli ultimi 30 anni, senza alcun morto.

Il costo per lo sviluppo di un farmaco è attualmente pari a 1,77 miliardi di dollari e di questi più di 800 milioni sono spesi per la gestione dei danni degli effetti collaterali.

È innegabile che alcuni farmaci ayurvedici siano tossici, e che alcuni siano anche fatti male e pieni di contaminanti. Però considerando che circa due miliardi di persone si cura con l’Āyurveda, se i farmaci ayurvedici fossero così tanto dannosi dovremmo avere notizie ben più gravi di quello che emerge dagli USA con una popolazione di 280 milioni di abitanti.

Altra premessa: i farmaci ayurvedici tradizionali non possono essere brevettati e quelli di nuovo sviluppo hanno un brevetto limitato. Le erbe non si possono brevettare, si può al massimo brevettarne l’uso, ma solo in casi molto limitati. Il brevetto totale permette un notevole ricarico sul farmaco. Il brevetto d’uso uno molto minore.

Quindi le rispondo con una domanda: secondo Lei come mai io, in qualità di medico, non posso prescrivere prodotti ayurvedici contenenti la pianta Sida Cordifolia perché contiene una minima parte di Efedrina (sostanza simile all’anfetamina), ma posso prescrivere tutta l’Efedrina di sintesi (brevettata) che voglio?

 

La medicina ayurvedica può mettere il paziente nella condizione di autogestirsi la propria salute senza farlo entrare nel rapporto di dipendenza e delega rispetto al proprio medico che caratterizza qualsiasi tipo di medicina, convenzionale e non? C’è modo di conseguire consapevolezza del proprio potenziale di prevenzione e di guarigione? Di quali strumenti paralleli si serve l’Āyurveda per liberare l’individuo?

 

L’Āyurveda indica al paziente come mantenere il suo stato di salute attraverso la conoscenza di sé e della propria costituzione. Per far questo è però necessario uno “specchio intelligente” rappresentato dal medico che ci mostri la vera natura e non solo quella che vogliamo noi. Noi siamo molto bravi a raccontarci balle. Rendiamoci conto che la stragrande maggioranza delle malattie sono indotte da abitudini e comportamenti che le persone considerano normali o che sottovalutano poiché fondamentalmente piacevoli o rassicuranti. La figura del medico è fondamentale per questa conoscenza da parte del paziente. Non deve essere di dipendenza, ma di riferimento e orientamento. Ricordiamoci che riconoscersi e liberarsi da abitudini o comportamenti dannosi è difficilissimo e molto fastidioso. In Occidente abbiamo l’idea sbagliata che la malattia venga da fuori, che dobbiamo solo proteggerci e che se ci ammaliamo non abbiamo colpa e non dobbiamo far niente se non andare dal dottore per guarire. Accettare che la malattia viene da dentro di noi e che sempre dentro sia la guarigione è un concetto che implica una responsabilità per il paziente, responsabilità che in Occidente fatichiamo ad accettare. È proprio la consapevolezza di questa responsabilità la chiave d’oro della salute che il medico può fornire al paziente. Lo strumento principale che l’Āyurveda usa per la “liberazione” dell’individuo risiede nella consapevolezza di sé e dei propri limiti derivata dal confronto con il medico che aiuta il paziente a leggersi, interpretarsi e soprattutto a riconoscere in tempo la rottura di un equilibrio.

Per l’Āyurveda vale quello che si dice anche per la medicina cinese, e cioè che dal dottore ci si va quando si sta bene per continuare a star bene. È un po’ come per le automobili, è meglio fare un tagliando periodico che aspettare cha la macchina si guasti.

 

Se dovesse illustrare le differenze tra l’Āyurveda tradizionale “antropologico” che possiamo ancora vedere in India e la sua versione moderna che si va arricchendo di contributi da ogni parte del mondo su quali porrebbe l’accento? Si può parlare di una nuova scienza?

 

L’Āyurveda è scritta in sanscrito. Il sanscrito è una lingua strana, mai usata nel parlato ma costruita per mandare a mente conoscenze tecniche e scientifiche secondo una struttura grammaticale molto simile agli schemi psicologici e intuitivi innati nell’uomo. La sua struttura permette una lettura a più livelli a seconda della preparazione e dello schema psicocognitivo di chi legge. Il testo si adatta quindi al lettore. È la forma più adatta a trasmettere per iscritto conoscenze orali che si devono adattare al momento in cui vengono lette. L’Āyurveda è basata su questi principi, ci fornisce una logica, una chiave di lettura della realtà e della natura che possiamo usare nel nostro tempo attuale e nel nostro mondo occidentale per realizzare enormi cambiamenti nella conoscenza e nella scienza. Quello che l’Āyurveda ci propone è un paradigm shift, un modo diverso per “osservare” ed “usare” la natura come meglio noi vogliamo anche attraverso una rilettura dell’impiego delle straordinarie tecnologie sviluppate dal mondo occidentale. Siamo appena agli inizi. Il connubio fra Āyurveda e fisica quantistica è foriero di straordinarie intuizioni destinate a cambiare radicalmente la nostra vita. Un assaggio di questo si è visto nel Primo Congresso di Medicina Ayurvedica da noi organizzato a Milano nel Marzo scorso che è stato aperto dal professor Brian D. Josephson, Premio Nobel per la Fisica. Il problema attuale è che in Occidente consideriamo il tempo lineare e il progresso come una linea diretta solo verso il futuro, mentre in India il concetto del tempo è circolare. Quello che voglio dire è che il problema principale è dato dal preconcetto che l’Āyurveda, come cosa del passato, non possa dire niente al mondo moderno: non si tratta di confronto con principi impostati su un altro paradigma culturale ma di un passaggio ad una diversa logica di pensiero, che conseguentemente porta a cambiamenti nell’organizzazione e nel disegno sperimentale.

 

Infine una domanda su un tema molto attuale: l’Āyurveda può essere una medicina di grande aiuto nella situazione di catastrofe ambientale che stiamo vivendo con enormi sprechi economici e di risorse e con un inquinamento planetario e fisico individuale che sta raggiungendo il parossismo. Le multinazionali farmaceutiche si ostinano a produrre farmaci di sintesi e strumenti di diagnostica che prevedono l’utilizzo di molti materiali inquinanti e tossici, anche per l’uomo. Ci sono progetti per l’infiltrazione della medicina tradizionale indiana nel nostro ordinamento sociale e legislativo in vista di un futuro migliore? Che cosa possiamo fare noi individualmente per “decrescere” nella spesa sanitaria e nella iatrogenesi secondo l’ottica ayurvedica?

 

Il problema principale è la volontà politica. La FNOMCEO (Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurgi) dal 2002 ha riconosciuto nove Medicine Non Convenzionali fra cui l’Āyurveda come atto medico, ma ancora questa decisione non è stata recepita dalle istituzioni governative. Da quindici anni attendiamo una regolamentazione delle MNC e attualmente ci sono quattro proposte di legge depositate in parlamento e l’accordo ancora non si è trovato. Il Comitato Permanente di Consenso per le MNC in Italia – che rappresenta 12.000 medici – lavora incessantemente dal 2003 per il riconoscimento istituzionale delle MNC. La libertà di scelta terapeutica del cittadino è un diritto fondamentale così come quella del medico di scegliere, in scienza e coscienza, il metodo migliore di cura. Attualmente in Italia questa libertà non è assicurata dalle istituzioni. La conseguenza più grave è che il cittadino non è tutelato. La regolamentazione serve fondamentalmente per disciplinare la formazione dei medici e terapisti delle MNC, poiché attualmente non esiste la possibilità da parte del cittadino di essere tutelato nei confronti di chi si professa esperto senza esserlo.

Cosa possiamo fare noi individualmente per decrescere la spesa sanitaria e la iatrogenesi risiede nell’uso consapevole della nostra salute. È importante conoscersi attraverso la guida di un medico esperto. Non pensiamo di poterci curare da soli, in totale autonomia, e non pensiamo che le erbe siccome sono naturali siano innocue: presentano anch’esse problemi legati a sovradosaggio, tossicità e uso errato. Non ci imbottiamo di integratori perché hanno fatto bene a nostra zia, o perché ce li ha consigliati l’amico della sorella, o perché la pubblicità è bella, o perché sta scritto proprio lì, sul settimanale preferito della salute. Cerchiamo di mangiare bene, in giusta quantità e sano in qualità, ma soprattutto sano nella modalità: masticare bene, mangiare seduti, non guardare tv o leggere, ma pensare solo allo stupendo atto della nutrizione che stiamo compiendo, il più puro atto d’amore verso noi stessi.

 

 

Dr. Antonio Morandi Medico Ayurvedico | Ayurvedic Point©, Milano

Dr. Antonio Morandi

Direttore della Scuola Ayurvedic Point


Medico, Neurologo ed Āyurveda Vaidya (Āyurveda Academy, Pune, India - Joytinat International College of Āyurveda), è co-fondatore, assieme a Carmen Tosto, di Ayurvedic Point di cui è Chairman e Direttore dal 2002 della Scuola di Āyurveda “Ayurvedic Point”, certificata ISO 9001:2015 e il cui Corso per Tecnici è qualificato secondo la normativa UNI 11756:2019. Il Dr. Morandi è anche Presidente della Società Scientifica Italiana di Medicina Ayurvedica (S.S.I.M.A.)

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Author: ayurvedicpoint