Annapurna tornerà a sorriderci? L’azione divina del cibo

Natura e Benessere n. 18 – pag. 102/104 (2005)
a cura di: dr. Antonio Morandi, Carmen Tosto

Un giorno Annapurna, Dea della natura e dispensatrice del cibo, andò da Brahma il Signore Assoluto a chiedere consiglio; non riusciva più a capire gli esseri umani e non sapeva come comportarsi con loro. Iniziò quindi a lamentarsi:

Non so più come fare, vengo umiliata ogni giorno, gli uomini mi mangiano e mi consumano male.

Brahma dopo saggia riflessione rispose:

Se gli uomini ti consumano e mangiano male, allora tu mangia e consuma gli uomini.

È una storia antica, eppure come sembra oggi così saggia ed attuale… il cibo che mangia gli uomini e li consuma…

È ben evidente, fin dai testi più antichi, quanta attenzione e cura l’Āyurveda abbia sempre destinato al cibo, riconosciuto quale fattore di primaria importanza nel mantenimento e ripristino dello stato di equilibrio e quindi della salute. Un’attenzione molto particolare, a volte complessa, che scaturì da una profonda ed attenta osservazione della Natura, i suoi ritmi, e l’influenza che tali ritmi hanno sull’essere umano.

Nel corso del tempo però qualcosa è cambiato, il filo che ci legava alla Natura è andato gradualmente indebolendosi e le nostre radici non sono più così solide.

Che cosa abbiamo perso, cosa abbiamo dimenticato?

Il cibo sembra essere diventato quasi un “nemico”, intolleranze di ogni genere riducono la lista della spesa, affannati rincorriamo la dieta perfetta, i cibi amici giorno dopo giorno sembrano abbandonarci; pare quasi scorgere Annapurna che dall’alto ci guarda e si prende gioco della nostra confusione.
Ma proviamo a tornare indietro, e vedere con quali parole ed insegnamenti la più antica scienza della vita, l’Āyurveda, in tal senso si esprime.

Nel più antico e famoso trattato sull’Āyurveda la Caraka Saṃhitā una prima regola aurea circa la corretta nutrizione è condensata in una brevissima formula:

Ci si nutra in quantità adeguata. — (CS. Sutra V,3)

Al di là di semplici ed immediate conclusioni, occorre qui considerare un primo dato importante, ovvero l’impossibilità di fissare rigidamente un regime alimentare valido per tutti e in tutti i casi.
Si tratta di capire cosa si vuole intendere per “quantità adeguata”; ma come facciamo a riconoscere se la quantità di cibo ingerita è adeguata? Per l’Āyurveda occorre considerare le abitudini individuali, tenendo conto di vari fattori quali: l’età, la capacità di digestione ed assimilazione (variabile secondo la stagione), il periodo dell’anno, la condizione psicofisica della persona.

L’Āyurveda dà ulteriore indicazioni; attraverso l’osservazione dello stato di equilibrio dei Dosha e dei costituenti corporei (dhatu) viene stabilito se la quantità di cibo era adatta, ed è stata quindi digerita nel modo migliore. I cibi, oltre alla classificazione secondo i sei sapori (dolce, salato, astringente, acido, pungente, amaro), vengono ulteriormente distinti secondo le loro qualità pesanti o leggere. La quantità rimane comunque un fattore determinante per stabilire la digeribilità di un alimento.
Anche la pura e semplice acqua, in quantità eccessive, può risultare pesante ed indigesta.

Secondo i testi giusta quantità significa anche riempire lo stomaco secondo proporzioni ben definite: 2/4 di cibo solido, ¼ di liquido mentre il restante spazio, l’ultimo quarto, va lasciato vuoto.
Alla fine del pasto non vi deve essere mai sensazione di pesantezza ma piacevole soddisfazione.

Il cibo inoltre deve essere scelto secondo le stagioni poiché l’intelligenza della Natura fornisce al momento giusto ciò di cui abbiamo bisogno, nulla viene sprecato, con quanta presunzione invece ci sostituiamo a una così antica saggezza.

Un ambito vicino all’Āyurveda, quello dello Yoga, definisce la quantità di cibo da assumere in questo altro modo:

…in quantità tale che lasci libera la quarta parte dello stomaco, mangiato per il completo piacere di Shiva. — Hatha Yoga Pradipika I,58.

È paragonato ad un sacrificio, lo spazio vuoto è inteso anche come spazio dell’Assoluto.

E ancora

Chi intraprende lo Yoga senza seguire una dieta moderata contrae varie malattie e non progredisce affatto. — Gheranda Samhita V,16.

La moderazione quindi è la giusta chiave.
Oggi abbiamo perso di vista la moderazione ed il buon senso, non solo nei confronti del cibo, ma in ogni aspetto della nostra vita.

La mancanza di consapevolezza, la scarsa attenzione, i condizionamenti, ci portano a compiere scelte affrettate, spesse volte inopportune.

Consumiamo tutto, troppo, velocemente.

A questo riguardo secondo Charaka molto importante è il modo in cui si mangia e l’ambiente in cui il pasto viene consumato.
Sicuramente se la mente è turbata da emozioni negative, la digestione viene alterata, anche i pensieri, del resto, devono essere “digeriti” e questo richiede comunque energia.

I nostri sensi dovrebbero essere impegnati al momento del pasto in un'unica direzione: odore, colore, sapore, rumore, un’immersione totale e consapevole del momento.

Molti sono i Maestri che, seguendo la via della continua e scorrevole consapevolezza, fanno di ogni attività, un’occasione adatta alla meditazione.
Quale migliore occasione dell’incontro con il cibo, materia viva ed espressione stessa dei principi della Natura.

Proviamo quindi a nutrirci con più rispetto, consapevolezza e moderazione, sentiremo l’energia pura della vita entrare in noi ed Annapurna dea benevola, amorevole nutrice, tornerà a sorriderci.

Autore
Author: ayurvedicpoint

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