Āyurveda e tradizione: gli Asthavaidya del Kerala

I gemelli Ashvid - Āyurveda e tradizione: gli Asthavaidya del Kerala

Natura e Benessere n.25 – pag. 58/62 (2007)
a cura di: dr. Antonio Morandi, Carmen Tosto

Si dice che verso il 7000 a.C. la terra che oggi noi conosciamo come stato del Kerala venne “ripescata” dalle acque, “bonificata”, e resa vivibile dal dio Parasurama (lett. Rama con l’ascia da battaglia, parasu). Parasurama, nella tradizione storica, è definito come un Bhargava, un membro cioè della famiglia dei sacerdoti, ma è anche considerato il 6° avatara del dio Vishnu, disceso sulla terra allo scopo di ristabilire l’ordine infranto da altezzosi Ksathrya (casta principesca dei nobili, re e soldati) che tentavano di usurpare il primato spirituale e sociale tradizionalmente rivendicato dai brahmana.

Le conquiste di Parasurama sono al centro di molte leggende1, testimonianza del suo importante ruolo nella colonizzazione dell’India meridionale, ove si trovano molti templi dedicati a lui.

Una volta bonificato e ristabilito l’ordine, il territorio venne diviso in 32 distretti (Graamams) totalmente autosufficienti ed indipendenti. Parasurama fece arrivare altre genti da varie parti dell’India e le “iniziò” a specifiche attività e mestieri. In ogni distretto mise a vivere una famiglia specializzata per ogni branca della conoscenza. Di questi 32 distretti, 18 erano localizzati in quello che oggi è lo stato del Kerala ed i rimanenti nell’odierno Karnataka.

Le 18 famiglie Asthavaidya

Le 18 famiglie che in Kerala praticavano la scienza della Medicina erano chiamate “Asthadashavaidya” termine che in seguito è stato abbreviato e ad oggi conosciuto con “Ashtavaidya” (i conoscitori delle otto branche)2.

Erano tutte famiglie di casta braminica ma lo status del vaidya3 (uomo di medicina) era all’epoca complesso e controverso poiché il medico, entrando in contatto con persone di ogni classe e condizione sociale, praticando la dissezione dei cadaveri e la chirurgia, era considerato “impuro” e tenuto quindi ai margini della comunità. Tale emarginazione comportava il divieto assoluto di sposarsi con membri delle altre famiglie di casta braminica e, per le famiglie dei vaidya, non restava altro che imparentarsi fra loro. Il numero delle famiglie dei vaidya diminuì così nel corso dei secoli e, dalle originarie 18, si arrivò nel XVI secolo a solo 8. Ai giorni nostri, vi sono ancora nel Kerala alcune famiglie discendenti dirette dalle originarie “Asthadashavaidya” che continuano a tramandarsi di padre in figlio, così come vuole la tradizione, il sacro sapere dell’Āyurveda, mentre per altre la professione di vaidya si è estinta e così la conoscenza è andata concentrandosi nelle poche famiglie superstiti (vedi box).

Vagbhata

La tradizione vuole che verso IV-V secolo (vi sono opinioni discordanti però su questa data), il grande vaidya Vagbhata giunto dal Nord dell’India, dopo vario peregrinare, si stabilì nel Kerala fondando una scuola. Su Vagbhata “Il Signore della Parola” si sa ben poco, sembra fosse figlio di un grande medico, Simhagupta, e fosse nato nella regione chiamata Sindhu, che fa parte dell’odierno Pakistan.

Vagbhata sistematizzò le antiche conoscenze e scrisse la grande opera Asthanga Hridaya (“Il cuore delle otto membra") un compendio pratico ad uso del medico, un testo molto popolare e tuttora ampiamente utilizzato nella pratica dai medici ayurvedici. Nella tradizione dell’India del sud il testo viene ancora oggi imparato a memoria, verso per verso, da coloro che dovranno praticarne gli insegnamenti.

Vagbhata, secondo la tradizione, diffuse quindi l’Āyurveda nel sud dell’India, integrandola con la medicina pre-vedica insegnata dal dio Parasurama stesso. Questo evento portò nuova vitalità all’arte medica ed iniziò a diffondersi una vera e propria corrente di pensiero “ayurvedico”.

L'istruzione del medico

In quel periodo le famiglie dei vaidya avevano in carico tutte le attività riguardanti la salute di ogni distretto, la loro opera era direttamente retribuita dal Re o dal Governante del luogo e nessun tributo quindi era chiesto alla popolazione.
Il ruolo di vaidya era trasmesso solo su linea maschile e questo avveniva per non disperdere la conoscenza, poiché per tradizione braminica, quando una donna si sposa diventa parte integrante della famiglia del marito.

L’istruzione del futuro medico era complessa e varia, gli studi spaziavano dalla conoscenza medica vera e propria allo studio dei Veda, delle Upanishad e di tutte le scienze vediche collegate. Il testo medico fondamentale era dunque l’Asthanga Hridaya considerato testo sacro, come è la Bhagavad Gita per un filosofo. Tradizione e conoscenza medica venivano tramandati nella loro essenza più pura ed i testi memorizzati accuratamente.

La lingua sanscrita si presta bene allo scopo: la sua struttura è organizzata in modo ottimale e ne consente una rapida memorizzazione; quasi fosse un ipertesto il sanscrito, consente associazioni multiple, simultanee ed in varie direzioni. La trasmissione orale della conoscenza inoltre ne consente un aggiornamento in tempo reale, a scapito della parola scritta che rimane più sterile ed immobile. Tutte le famiglie dei vaidya avevano all’epoca proprie scuole di pensiero ed un grande numero di allievi.

L’insegnamento per i membri delle famiglie “Ashtavaidya” iniziava all’età di sette anni con un periodo chiamato upanayana (lett. tradotto “vicino alla luce/all’occhio del guru”) con l’iniziazione al sanscrito, alla sua grammatica (vyakarana) ed alla logica (tarka), per poi passare gradualmente ai testi classici.

Il periodo di studi comprendente l’Āyurveda, i vari Darshana e le altre Scienze vediche durava nel complesso 18 anni e lo studente completava quindi il suo percorso di studi all’età di circa 25 anni, età considerata appropriata per il matrimonio. Veniva quindi ufficialmente concesso il consenso al matrimonio, ma solo al figlio più anziano allo scopo di lasciare i fratelli minori liberi di potersi dedicare totalmente agli studi, senza avere incombenze familiari cui assolvere.

Un anno di completo isolamento

Al termine degli studi, i giovani vaidya restavano poi un anno intero in uno stato di completo isolamento, allo scopo di affinare le proprie capacità, aumentare conoscenza, memoria ed intuito.

In loro aiuto veniva lasciato il sacro testo medico, l’Asthanga Hridaya, e la ripetizione costante di formule mantriche per rendere più chiara e lucida la mente.

Gli studenti ricevevano l’Upadesha (gli insegnamenti speciali) secondo il proprio livello e sviluppo personale, l’insegnamento poteva quindi continuare per tutta la vita.

Gli studenti delle altre caste invece approdavano molto più tardi agli studi, verso i 16/18 anni e questo stabiliva la differenza fondamentale nella forma mentis e che si rifletteva nella capacità clinica e terapeutica dei futuri vaidya. I membri di una famiglia di vaidya tradizionali discendenti diretti delle “Asthadashavaidya” hanno le loro vite intessute nella fine trama dell’Āyurveda, da sempre respirano saggezza e scienza, essi devono solo “imparare a ricordare” quello che già intimamente sanno. Ogni loro gesto è frutto di lento ed accurato lavoro tramandato di secolo in secolo, ogni cosa all’apparenza banale ha una sua logica ed una spiegazione ben precisa.

L’Āyurveda è materia ricca di racconti, miti, leggende, dietro ogni storia si nasconde un senso, a volte quasi inafferrabile, degli eventi narrati, ma c’è sempre qualcosa che spiega, tenta di svelare o almeno giustifica la realtà e quello che ci appare. Così dai racconti della famiglia Alathyoor Nambi scopriamo perchè è loro uso, tramandato da sempre, dare farmaci e rimedi ayurvedici con la mano sinistra. Tale evento è straordinario, poichè per un indù la mano sinistra è considerata “impura” (per es. non può toccare il cibo).
Questa tradizione deriva dalle gesta di un antenato della famiglia il vaidya Apphan Nambi.

Mitabuk, Hitabuk, Ashokabuk

In un periodo remoto, mentre il vaidya Apphan Nambi (famoso e saggio medico) stava passeggiando nella foresta quando due uccelli posati su un ramo gli rivolsero questa domanda “Koruk, koruk, koruk” ovvero “Chi è libero dalla malattia? Chi è libero dalla malattia? Chi è libero dalla malattia?” I due volatili altri non erano che i divini gemelli Ashvin (i medici degli Dei) che discesi sulla terra sotto quella forma, volevano mettere alla prova il tanto famoso e declamato sapere ayurvedico del vaidya. Apphan Nambi senza scomporsi rispose “Mitabuk, Hitabuk, Ashokabuk” una breve sentenza, solo tre parole in cui però è racchiuso si può dire tutto il sapere e le linee guide della cura ayurvedica.

Mitabuk significa “Chi assume la giusta quantità di cibo” e questo ci porta, oltre a varie ed ovvie considerazioni, a sviluppare particolare attenzione, cura e rispetto del proprio Agni (il principio cardine in Āyurveda della trasformazione e digestione a ogni livello).
Hitabuk significa “Chi assume la giusta qualità del cibo” introducendo così altri due fondamentali concetti in Āyurveda quali Satmya ed Asatmya (ovvero ciò che è adatto o non adatto a sé stessi).
Ashokabuk significa “chi prende il cibo in buona attitudine” ovvero chi fa buon uso di Manas, la mente, altro punto fondamentale in Āyurveda per una corretta gestione della salute.

I gemelli Ashvin impressionati dalla risposta del vaidya decisero di approfondire la questione e, prese le sembianze di due giovani studenti si presentarono alla scuola del vaidya per riceverne gli insegnamenti. Il vaidya Apphan Nambi li prese in custodia ed iniziò così un periodo di apprendimento e studi. I due giovani erano però molto indisciplinati e combinarono molti guai e dispetti al loro Maestro. Nonostante ciò erano allievi così bravi e superiori agli altri, che il vaidya lasciava sempre correre. Arrivò il giorno in cui gli Ashvin posero fine al loro apprendimento, e si presentarono al cospetto del loro Maestro mentre questi stava pranzando tranquillamente seduto sotto un albero. Il vaidya era pronto a congedarli ma, poichè era rimasto così sorpreso dalle loro capacità, chiese spiegazioni. E fu così che i gemelli divini si svelarono nella loro natura e decisero di fare un dono al vaidya, un prezioso manoscritto su cui stavano elencati principi e rimedi molto importanti per la cura di gravi malattie. Un dono preziosissimo che però inavvertitamente il vaidya Apphan Nambi ricevette e prese con la mano sinistra, dato che in quel momento stava mangiando e la destra era impegnata. Immediatamente resosi conto della gravità del suo gesto, profondamente mortificato, chiese scusa, ma gli Ashvin sentenziarono che dal quel momento in poi e per tutte le generazioni future della sua famiglia, la mano sinistra era quella che avrebbe dovuto somministrare ogni medicamento, poichè da quel momento era una mano benedetta.

E così, da allora, ogni medico della famiglia Alathyoor Nambi perpetua questa tradizione.

La nostra Scuola ha avuto avuto l’immenso onore e fortuna di essere stata “scelta”, quasi “adottata”, da due di queste famiglie gli Alathyoor Nambi ed i Thaikatt Moos (entrambi residenti a Trichur e fondatori dello SNA Oushadashala Ayurvedic Institute), presso i quali ci rechiamo ogni anno portando intere classi di studenti (medici e terapisti) per aggiornamenti e studi. Questa è un’occasione unica di crescita professionale e spirituale, poichè visto la crescente popolarità dell’Āyurveda è purtroppo facile oggi essere preda di sedicenti scuole ayurvediche e cliniche di lusso, ove viene elargito agli occidentali tutto quello che chiedono, ma non quello che veramente è l’Āyurveda.

Il Dr. Narayan Nambi, il membro più giovane della famiglia Alathyoor Nambi un giorno ci disse: "Quando mio padre inizia a studiare un testo classico di Āyurveda può benissimo partire dalla pagina 300 poichè quello che viene prima lo conosce e gli appartiene già, io forse potrei iniziare da pagina 150...” Ricordo che ci guardammo negli occhi (erano presenti altri medici del nostro gruppo di studi) e, fra il divertito e lo sconsolato, concludemmo “Noi il libro non lo abbiamo ancora comprato....”. Ma ogni anno siamo lì e grazie ai loro insegnamenti il grande libro dell’Āyurveda è stato almeno aperto.


 

1
 Fonti principali: Vayu Purana, Bhagavata Purana, Agni Purana, Brahma Purana, Padma Purana, Ramayana
Le 8 classiche branche dell’Āyurveda sono: Kaya cikitsa o “medicina interna”, Kaumara bhritya o “pediatria”, Graha o “scienza delle possessioni”, Urdhvanga o “medicina della parte alta del corpo”, Shalya o “chirurgia”, Agada o “tossicologia”, Rasayana o “scienza del ringiovanimento”, Vajikarana o “scienza degli afrodisiaci”
3 Il termine vaidya, che deriva dalla radice vid “conoscere”, significa “conoscitore” o “persona di conoscenza”

 

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L'Ayurveda Nursing Home SNA Oushadhasala di Trisshur, guidata da una delle famiglie di Asthavaidya più antiche ed importanti dell'intera India, e partner di Ayurvedic Point

 

CEPPI FAMIGLIARI FAMIGLIA VAIDYA TUTTORA ESERCITANTI LA PROFESSIONE
Aalathiyoor Nambi Aalathiyoor Nambi 2
Kaarathol Nambi
Choondal Mooss
Elayidath Thaikkatt Mooss Elayidath Thaikkatt Mooss 5
Kuriyedath Mooss (Njarakkal Mooss)
Kurumbempilly Mooss
Paduthol Mooss
Pazhanellippurath Thaikkatt Mooss Pazhanellippurath Thaikkatt Mooss 1
Peringavu Mooss
Parappur Mooss
Kuttancherry Mooss Kuttancherry Mooss 0
Vatuthala Mooss
Akalaanath Mooss
Vayaskara Mooss Vayaskara Mooss 0
Chirattamon Mooss Chirattamon Mooss (Olassa Mooss) 2
Velluttu Mooss Velluttu Mooss 0
Ubhayur Mooss
Pulamanthol Mooss Pulamanthol Mooss 1
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Author: ayurvedicpoint