Il Panchakarma: definizione pratica e funzione terapeutica

Il Panchakarma: definizione pratica e funzione terapeutica | Ayurvedic Point©, Milano

Troviamo numerose definizioni e descrizioni errate, da chi ne parla come fosse una singola terapia, da chi lo ritiene un trattamento del "benessere", a chi addirittura lo associa solo al cosiddetto massaggio ayurvedico.

Ma pochi lo descrivono per ciò che è, ossia una sequenza precisa e articolata di atti medici mirata alla rimozione profonda e radicale di tossine dall'organismo. Molto diffusa è anche la convinzione errata che tutti possano effettuare un Pañcakarma, e che anzi possa essere richiesto liberamente, alla stregua di un taglio di capelli.

Il Pañcakarma in realtà è la pratica terapeutica più invasiva dell’Āyurveda e, come tale, richiede un'attenta valutazione da parte di un medico esperto circa la necessità e la capacità psicofisica del paziente di sottoporvisi, debitamente assistito da Terapisti Ayurvedici con adeguata preparazione e formazione sanitaria, e in ambiente assolutamente residenziale.

Non è infrequente, purtroppo, che la disinformazione ci arrivi proprio dall'India, da zone turistiche affollate di Pañcakarma Clinics, in realtà Resort più o meno di lusso, ove viene dato al turista quello che chiede purché paghi, e magari non quello di cui ha realmente bisogno. Improbabili sequenze di oleazioni e massaggi vengono spacciati per Pañcakarma, magari somministrati a persone appena scese dall'aereo dopo un viaggio di dieci e più ore e ancora in balia degli sbalzi di fuso orario.

A volte i risultati hanno risvolti tragici per la salute. Definiamo quindi brevemente ma esattamente il Pañcakarma così come l’Āyurveda ce lo ha tramandato da millenni. Secondo l'Āyurveda la malattia è causata da un'alterazione della combinazione dei tre Dosha Vata, Pitta e Kapha, che definiscono la nostra Prakriti ovvero la costituzione individuale; lo stato di salute viene recuperato attraverso il riequilibrio di queste proporzioni.

Per ristabilire questa armonia l’Āyurveda utilizza due categorie di approcci terapeutici: Shamana, ossia le terapie tese alla riduzione e pacificazione dei Dosha alterati, e Shodana (lett. pulire), le terapie eradicanti che permettono l'espulsione dei Dosha alterati con le tossine (ama) generate. Il primo è utilizzato quando l'entità dell'alterazione è lieve, ed il secondo quando è grave.

Il Pañcakarma è costituito da un insieme di tecniche Shodana. Pañca in sanscrito vuol dire cinque, mentre Karma rappresenta l'azione, quindi Pañcakarma indica un insieme terapeutico formato da cinque azioni. Queste vengono descritte classicamente in: Vamana - emesi o vomito terapeutico, Virecana - uso di lassativi, Vasti o Basti - enteroclisma con decotti ed oli medicati, Nasya - instillazione di medicamenti nelle narici, Rakta Mokshana - salasso. Le prime quattro sono state descritte nella Caraka Samhita, mentre l'introduzione del Rakta Mokshana o procedura del salasso si deve ad un'opera successiva, la Sushruta Samhita.

La funzione terapeutica speciale del Pañcakarma è definita dalla sequenza specifica delle tecniche effettuate in un tempo adeguato e non dalle sue singole parti, fermo restando l'effetto specifico di ogni singola tecnica. Così come in una formulazione farmaceutica ayurvedica è la sinergia dei componenti a determinarne l'efficacia terapeutica speciale e non gli effetti delle singole erbe che, comunque conservano la loro peculiarità se usate da sole.

La durata necessaria per un Pañcakarma completo è variabile, dipende dallo scopo per cui viene effettuato, dalla gravità della patologia, etc.. Considerando i tempi utili per l'esecuzione delle varie tecniche e gli intervalli necessari fra loro si può arrivare anche ad una durata di 138 giorni.

Tuttavia, 14-21 giorni sono generalmente sufficienti per un risultato apprezzabile. Storicamente parlando alcuni cenni sulle tecniche del Pañcakarma si ritrovano già nel Rig Veda, dove viene citata la rimozione delle malattie attraverso narici, bocca, orecchie e lingua, una sorta di anticipazione delle pratiche di Vamana e Nasya. In altre strofe si tratta di eradicazione delle malattie attraverso le arterie, assimilabile al Rakta Mokshana (Rg. 10/16/4/1-2).

Ma tracce di pratiche simili si ritrovano nelle medicine tradizionali di tutto il mondo: Sud America, Egitto, Mesopotamia ed infine in Grecia attraverso le indicazioni terapeutiche della Scuola Ippocratica, che menziona enteroclisma e vomito terapeutico similmente all'Āyurveda. Ancor oggi l'enteroclisma o l'uso di lassativi sono in uso nella medicina moderna; mentre altre tecniche, magari più ostiche alla nostra mentalità, come l'emesi od il salasso, erano d'uso presso gli ospedali fino a tutto il IXX e prima metà del XX secolo.

Si cita ad esempio l'uso dell'emesi nella "melanconia", attualmente definita depressione, o l'uso del salasso nelle malattie della pelle, indicazioni non dissimili da quelle dell'Āyurveda. Accanto al Pañcakarma cosiddetto classico, si trova una versione modificata, tipica delle regioni meridionali dell'India specie nel Kerala, che prevede l'uso di altre pratiche quali Dhara Karma (colatura di oli ed altri liquidi medicati su varie parti del corpo), Pinda Sveda (tamponamenti caldi con sacchetti riempiti di svariati materiali medicati), Kaya Seka o Pizhichilli (Colatura massiva di oli caldi sull'intero corpo), Anna Lepa (Applicazione di pasta di riso medicata sul corpo) e Siro Lepa (applicazioni di impasti medicati sulla testa). Gli scopi del Pañcakarma vengono raggiunti attraverso la rimozione dal corpo dei Mala (prodotti di scarto) ed Ama (tossine) stagnanti a vari livelli. I benefici sono evidenti sia a livello macroscopico, dove vari organi e sistemi del corpo vengono "puliti" e depurati approfonditamente, che cellulare, ove la purificazione avviene a livello delle membrane con miglioramento dello scambio ionico e transmembrana.

Il risultato è un potenziamento delle funzioni fisiologiche, una maggiore vitalità generale dell'organismo, dello stato mentale e psicologico, dell'immunità, oltre che un miglioramento della prognosi di varie malattie. Risultato peculiare è un aumento dell'attività ed efficacia farmacologica dei prodotti somministrati in seguito. A tal fine il Pañcakarma completo esige una sequenza ben precisa di esecuzione delle tecniche ed è caratterizzato da tre momenti fondamentali: uno preparatorio, Purva Karma, in cui si inducono i Dosha alterati a muoversi dai tessuti periferici al tratto gastrointestinale, uno intermedio, Pradhana Karma, che è l'esecuzione delle tecniche vere e proprie, in cui si completa l'eradicazione dei Dosha e tossine dai tessuti, vengono messi in circolo ed espulsi attraverso le vie naturali più vicine al luogo di accumulo, ed uno finale, Pashchat Karma, ossia il post-trattamento. Questi tre momenti Purva, Pradhana e Pashchat Karma si ripetono in chiave metodologica all'interno di ogni tecnica.

Per tutta la durata del Pañcakarma il paziente deve seguire rigorosamente una speciale dieta che lo prepara a ricevere i trattamenti e a complemento della funzione curativa delle pratiche. La prima tecnica della sequenza del Pañcakarma è il Vamana, o vomito terapeutico. Il Vamana non è solo emesi, ma la raccolta e l'espulsione di Ama (tossine) e dei Dosha viziati per via orale, in questo caso principalmente Kapha; per cui è necessario utilizzare sostanze che non solo inducano il vomito, ma che possano estrarre e veicolare Dosha e tossine dai tessuti più profondi fino all'espulsione. Per le sue caratteristiche specifiche è probabilmente la tecnica più delicata e potenzialmente più pericolosa del Pañcakarma. La seconda tecnica è il Virecana, o purga intensiva, e consiste nell'espulsione dei Dosha viziati presenti nell'intestino tenue e nel fegato per via rettale.

La terza tecnica è il Basti (chiamato anche Vasti, in alcune zone dell'India), o enteroclisma, e consiste nell'immissione di oli medicati o decotti di erbe nel colon attraverso la via anorettale, a cui, dopo trattenimento adeguato, segue espulsione di Mala, Ama e Dosha Viziati. Il Basti è la più importante procedura terapeutica non solo del Pañcakarma ma di tutta l'Āyurveda, largamente diffuso anche indipendentemente dal Pañcakarma ed ha, in virtù della sua capacità di pacificazione di Vata Dosha, una potente attività terapeutica su molteplici disturbi, agendo sull'intero l'organismo.

La quarta azione del Pañcakarma è il Nasya, ossia la somministrazione di preparati in varia natura attraverso le narici. Terapia ideale per le malattie della regione sopraclavicolare. Con la pratica del Nasya viene espulso essenzialmente il Kapha Dosha. Le sostanze più comunemente usate sono oli e ghee medicati, estratti freschi di piante ed erbe, polveri, dhuma o fumi derivanti dalla combustione di polveri e piante. L'instillazione o inalazione deve avvenire attraverso le narici mentre l'espulsione è effettuata attraverso la bocca.

La quinta ed ultima azione del Pañcakarma classico è il Rakta Mokshana, ovvero la rimozione di Ama e Pitta Dosha viziati attraverso il prelievo di sangue. Fra le svariate metodiche citate nei testi classici per praticare il Rakta Mokshana, possiamo riconoscerne generalmente due tipi, Shastra Vishravana, salasso con strumenti meccanici, che comprende incisioni e puntura venosa, e Anu Shastra Vishravana, salasso senza strumenti meccanici, che comprende l'uso di sanguisughe, di corno di animale (vacca), della coppettazione con zucca o con coppe di vetro.

Infine, il Pashchat Karma, fase conclusiva del Pañcakarma, che consiste oltre alla valutazione dello stato complessivo del paziente, in una serie di attività mirate (controllo dietetico, routine igienico quotidiana etc.) al consolidamento dei vantaggi ottenuti con le pratiche anche attraverso la somministrazione di specifici Rasayana, (composti a potente effetto antiossidante), e da attività che portino gradualmente il paziente ad un completo recupero della normale attività alimentare e fisica. 

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Author: ayurvedicpoint