"Mitahara" la dieta moderata dello yogin e i principi della nutrizione in Āyurveda

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"Mitāhāra" la dieta moderata dello yogin e i principi della nutrizione in Āyurveda

dr. Antonio Morandi - Carmen Tosto

Prāṇāh prāṇa bhṛtām annam annaṃ loko’bhidhāvati
varṇaḥ prasādaḥ sausvaryaṃ jīvitaṃ pratibhā sukham
Tuṣṭiḥ puṣṭir balaṃ medhā sarvam anne pratiṣṭhitam
laukikaṃ karma yad vṛttau svargatau yac ca vaidikam
Karmāpavarge yac coktaṃ tac cāpy pratiṣṭhitam 

Il cibo è il respiro vitale degli esseri umani. Il mondo ricerca il cibo. Colorito, serenità, buona voce, vita, brillantezza, felicità soddisfazione, nutrimento, forza, intelligenza, tutti questi si fondano sul cibo. Le attività mondane per la sussistenza, le attività vediche per il paradiso e le attività che sono dette essere finalizzate alla liberazione sono pure fondate sul cibo.

 ― Caraka Saṃhitā - Sūtrasthāna, cap. XXV, 349/350 

L’Āyurveda ha sempre destinato grande attenzione e cura al cibo, riconosciuto quale fattore di primaria importanza nel mantenimento e nel ripristino dello stato di equilibrio e quindi della salute; un’attenzione, questa, molto particolare e a volte complessa, scaturita da una profonda e attenta osservazione della Natura, dei suoi ritmi e dell’influenza che essi esercitano sull’essere umano.

L’atto di nutrirsi è la cosa più importante e vitale per un organismo. Attraverso il cibo definiamo, manteniamo e costruiamo continuamente la nostra forma fisica e mentale, quindi la nostra individualità.

Le qualità del cibo andranno ad aumentare o diminuire gli attributi che ci definiscono come individui. È pertanto molto importante osservare la qualità del cibo. Ma lo è ancora di più la modalità con cui ci nutriamo. Poiché il cibo non è solo materia, ma tutto quello che viviamo ed assorbiamo attraverso i sensi. Quando mangiamo una mela ci nutriamo prima del suo aspetto, attraverso la vista ne cogliamo il colore e la forma, la percepiamo poi toccandola, la sua fragranza arriva alle narici con informazioni preziose, la mangiamo infine, assaporandone il gusto mentre le orecchie colgono la sua consistenza attraverso la masticazione.

Tutti i nostri sensi sono coinvolti ma ce ne rendiamo conto? Ci lasciamo sorprendere dalle sensazioni e informazioni che tutto il nostro corpo registra? Una nutrizione ottimale e completa deve essere estesa a tutta la persona, è quindi determinante lo stato di “consapevolezza” e l’attenzione che portiamo nell’atto quotidiano del nutrirci. Una partecipazione attiva e cosciente attiverà tutti i sensi e preparerà anche i meccanismi digestivi permettendo una digestione ideale. Una scarsa attenzione invece ci priverà del nutrimento sottile e non favorirà, o peggio ostacolerà, anche i processi puramente biochimici.

Nell’alimentazione e nei suoi rituali sono nascosti, secondo l’Āyurveda, i più importanti segreti per mantenere la salute, prevenire le malattie ed ottenere una lunga e serena vita.

Ciò che distingue un organismo vivente dal non vivente è la trasformazione di elementi eterologhi in omologhi, ovvero l’assimilazione di elementi esterni all’individuo in elementi costituenti l’individuo stesso.
L’Āyurveda considera l’alimentazione e la digestione quali punti cardine attorno cui ruota tutto l’organismo e la fisiologia.
La visione induista dell’Universo considera tutto il divenire come un continuo processo di “cottura” e digestione ad opera del principio universale di trasformazione chiamato Agni (fuoco).

Il concetto di Agni è un concetto quanto mai vasto, che ha le sue radici nei Veda e nei Darśana ed ha delle implicazioni importantissime in Āyurveda in relazione alla salute dell’individuo. Agni va considerato in tutte le “Mitāhāra” la dieta moderata dello yogin ed i principi di nutrizione in Āyurveda ed è spesse volte il mezzo che consente a terapie e trattamenti di funzionare al meglio.

I Veda riconoscono il principio del Fuoco ovunque nell’universo, Agni è la luce, il sole, il fuoco terrestre, il fulmine (fuoco delle acque) e rappresenta molte altre forme nascoste e manifeste. È conosciuto nel Ṛg Veda con l’epiteto di Vaiśvānara: “colui che appartiene a tutti gli uomini”.
Agni è il Dio, mediatore per antonomasia, colui che trasforma i doni dell’uomo, attraverso il sacrificio in offerta agli dei. Di fatto Agni è il componente fondamentale della vita, l’ordine nel creato viene mantenuto proprio grazie alla sua capacità di catalizzare la conversione di una cosa nell’altra; il mondo così come noi lo conosciamo in tutta la sua multiforme varietà, è tale grazie ad Agni. Il fuoco è dunque il veicolo per la creazione ma è anche il mezzo che ci consente di mantenere l’ordine nella creazione stessa. Questo è il senso profondo del “sacrificio” inteso in epoca vedica ed è anche il senso del sacrificio che compiamo ogni giorno, quando prepariamo il cibo e quando lo mangiamo; ed è il sacrificio quotidiano che consente di mantenere l’ordine nel microcosmo uomo.

L’accezione ayurvedica di digestione

L’accezione ayurvedica di digestione è molto ampia e considera per esempio, oltre a quella relativa al sistema gastrointestinale, il metabolismo dei nutrienti a livello tissutale e cellulare, includendo inoltre l’aria che viene respirata o il risultato di un pensiero, così come di una percezione sensoriale.
Nella visione ayurvedica quando parliamo di “corpo” questo concetto viene inteso a più livelli, materiale, fisico, mentale e quello relativo agli aspetti più sottili, identificabili con una concezione spirituale.
La conseguenza di questa visione è che si applicano le stesse regole nei diversi ambiti, quindi tutti quegli elementi che una volta digeriti determinano la costruzione e lo sviluppo di un individuo a livello fisico, avranno anche un effetto a livello mentale e spirituale e viceversa.

Tuttavia è anche vero che potremmo avere difetti di digestione e quindi la presenza di metaboliti tossici o tossine a tutti i livelli e non solo a quello fisico, come siamo normalmente abituati a pensare. È interessante constatare come tutte le manifestazioni patologiche siano viste in Āyurveda come un accumulo nei tessuti o a livello mentale/sottile, di elementi dannosi chiamati Āma, parola sanscrita che letteralmente significa “cibo non cotto”. Āma quindi sono le tossine che derivano da un errore del processo digestivo (digestione anche “mentale”) e che determinano l’alterazione o l’interruzione del corretto flusso di informazioni fra le varie parti dell’organismo e l’ambiente.

Le tossine Āma, che derivano da un alterato processo digestivo e che si accumulano nei tessuti, compromettono e bloccano questo flusso di informazioni, inizialmente questo processo porta ad un disturbo funzionale ma in seguito, nel corso del tempo, produce un danno organico vero e proprio. In conseguenza a ciò le terapie in Āyurveda mirano fondamentalmente alla rimozione delle tossine ed al recupero della corretta potenzialità digestiva a tutti i livelli. Da quanto esposto appare ovvio che i principi terapeutici dell’Āyurveda sono primariamente rivolti all’equilibrio, al libero scorrimento ed alla pulizia di tutti i processi sia mentali che fisici.

Nel più antico e famoso trattato sull’Āyurveda, la Caraka Saṃhitā, una prima regola aurea circa la corretta nutrizione è condensata in una brevissima formula: “Ci si nutra in quantità adeguata”. - (Caraka Samhitā, Sūtrasthāna V, 3).

Al di là di semplici ed immediate conclusioni, occorre qui considerare un primo dato importante ovvero, l’impossibilità di fissare rigidamente un regime alimentare valido per tutti e in tutti i casi.
Si tratta di capire cosa si vuole intendere per “quantità adeguata”. Per l’Āyurveda occorre considerare le abitudini individuali, tenendo conto di vari fattori quali: l’età, la capacità di digestione ed assimilazione (variabile secondo la stagione), il periodo dell’anno, la condizione psicofisica della persona.
L’Āyurveda dà ulteriori indicazioni; attraverso l’osservazione dello stato di equilibrio dei doṣa e dei costituenti corporei (dhātu) viene stabilito se la quantità di cibo assunta è adatta, ed è stata quindi digerita nel modo migliore.

I cibi, oltre alla classificazione secondo i sei sapori, vengono ulteriormente distinti secondo le loro qualità pesanti o leggere. La quantità rimane comunque un fattore determinante per stabilire la digeribilità di un alimento, anche la pura e semplice acqua, in quantità eccessive, può risultare pesante ed indigesta.
Secondo i testi giusta quantità significa anche riempire lo stomaco secondo proporzioni ben definite: 2/4 di cibo solido, ¼ di liquido mentre il restante spazio, l’ultimo quarto, va lasciato vuoto.

Alla fine del pasto non vi deve essere mai sensazione di pesantezza ma piacevole soddisfazione.

Il cibo inoltre deve essere scelto secondo le stagioni poiché l’intelligenza della Natura fornisce al momento giusto ciò di cui abbiamo bisogno, nulla viene sprecato; atteggiamento questo contrastante con l'attuale disponibilità praticamente illimitata nei nostri mercati e negozi di cibi locali o esotici indipendentemente dal periodo dell'anno, che evidenzia con quanta presunzione ci sostituiamo a una così antica saggezza.

Un ambito vicino all’Āyurveda, quello dello Yoga, definisce la quantità di cibo da assumere in quest'altro modo:

La dieta moderata è considerata costituita da un cibo molto grasso (ghī) e dolce in quantità tale che lasci libera la quarta parte dello stomaco, mangiato per il completo piacere di Śiva ― Haṭha Yoga Pradīpikā I,58.

Il cibo mangiato e l'atto stesso della nutrizione è paragonato ad un sacrificio, e quindi lo spazio vuoto è inteso anche come spazio dell’Assoluto.

E ancora

Chi intraprende lo Yoga senza seguire una dieta moderata contrae varie malattie e non progredisce affatto. ― Gheraṇḍa Saṃhitā V,16 

mentre

Moderato è detto il cibo puro, dolce, delicato, che riempie metà dello stomaco e si mangia con molto gusto. Si riempia di cibo metà dello stomaco, una terza parte di acqua e si riservi la quarta parte a movimento dell’aria. ― Gheraṇḍa Saṃhitā V, 21/22

 
Anche lo Yoga indica quindi che la moderazione è la giusta chiave. Oggi abbiamo perso di vista la moderazione ed il buon senso, non solo nei confronti del cibo, ma in ogni aspetto della nostra vita, tanto che anche considerazioni semplici come la scelta appropriata degli alimenti e la loro modalità di assunzione rivestono un tono di abbacinante originalità e devono essere riscoperte ed insegnate anziché scaturire spontaneamente dal comportamento umano.

La mancanza di consapevolezza, la scarsa attenzione, i condizionamenti, ci portano a compiere scelte affrettate, spesse volte inopportune. Caraka è ancora molto preciso e straordinariamente moderno quando afferma che: importante è anche il modo in cui si mangia e l’ambiente in cui il pasto viene consumato. Sicuramente se la mente è turbata da emozioni negative, la digestione viene alterata poiché anche i pensieri, del resto, devono essere “digeriti” e questo richiede comunque energia.
I nostri sensi quindi dovrebbero essere impegnati al momento del pasto in un'unica direzione: odore, colore, sapore, rumore, un’immersione totale e consapevole del momento.
Alimentarsi è un atto divino in cui noi convertiamo gli elementi da uno stato eterologo ad uno stato omologo e manteniamo quindi la vita.

I testi ci danno inoltre indicazioni precise e preziose su come il cibo influenza i nostri stati mentali.

Vāta, Pitta e Kapha sono il gruppo dei Doṣa corporei, rajas e tamas quello dei Doṣa mentali. ― Caraka Samhitā, Sūtrasthāna, I, 23 

La psiche è di tre tipi, śuddha, ‘pura’, ‘chiara’, rajasa, ‘passionale’, ‘rossa’, tāmasa, ‘indolente’, ‘scura’. La psiche pura è senza difetto perché contiene l’aspetto della virtù; la psiche passionale è con difetto perché contiene l’aspetto della collera; la psiche indolente è con difetto perché contiene l’aspetto della confusione. ― Caraka Samhitā, Śārirasthāna, IV, 36 

Cibo non è solo quello che comunemente intendiamo con quello che si mangia a tavola, ma tutto quello con cui entriamo in contatto, trasformiamo ed assimiliamo attraverso tutti i nostri sensi. Quindi tutto è cibo. La vita è un continuo processo di nutrizione. Considerando comunque solo il cibo alimentare, secondo l’Āyurveda in seguito alla sua assunzione, la parte grossolana, materiale nutre il corpo, quella sottile la mente e quella ancora più sottile lascia un’impronta nel Sé.

Tutto il cibo è categorizzato secondo le tipologie chiamate Sattvico, Rajasico e Tamasico. La prima tipologia di cibo, Sattvico, è quello più puro, che consente all’uomo di raggiungere i livelli più elevati di esperienza, poiché essendo perfettamente adeguato al sistema non produce alcun disturbo. Al contrario, le altre due tipologie, Rajasico e Tamasico disturbano il sistema e lo rendono rispettivamente iperattivo o ipoattivo.

È importante rilevare come il concetto di nutrizione in Āyurveda non sia limitato a proteine, carboidrati, minerali ecc., ma sia esteso all’intero sistema biologico e all’effetto generale del cibo su di esso. In sintesi si può dire che l’Āyurveda raccomanda che i sei sapori siano sempre rappresentati in ogni pasto per soddisfare le esigenze del corpo materiale e consiglia di assumere cibo Sattvico per l’equilibrio della mente, ed indica di scegliere il tempo e lo spazio ideali per l’assunzione del cibo, in una parola tutto si riassume nella ritualità della nutrizione, per creare la migliore impronta possibile sul Sé. 

SATTVA 

non il è bene assoluto; è la risposta adeguata, discriminante tra ciò che è utile e non utile, non tra bene e male (che derivano dai condizionamenti mentali, dalla morale, dai sensi, dall’ego) ma è la qualità dello spirito / atman / puruṣa / testimone / veggente / ciò-che-guarda / sguardo-coscienziale.
Crea la chiarezza con cui si può percepire la verità delle cose, dona luce, concentrazione e devozione. Sattva è l’equilibrio di Rajas e Tamas. Il puro Sattva non condanna Rajas e Tamas ma comprende il loro posto nell’armonia cosmica. 

RAJAS

è movimento dispersivo in genere, una sorta di attività dispersiva che ci dà il movimento ma non la direzione. Ci fa pensare sempre al futuro. Dà valore per qualsiasi cosa accada a sé stesso. Da Rajas viene la falsa idea del mondo esterno percepito come reale il che provoca la ricerca della felicità all’esterno.
Crea desiderio, distorsione, turbolenza e turbamento emotivo. I sensi sono sempre in movimento e cercano vari oggetti.

TAMAS

è l’ignoranza che offusca la nostra vera natura ed indebolisce il potere della percezione. Crea l’idea di un ego o un sé separato, per cui ci sentiamo soli e isolati. Il Tamas prevale nella coscienza che s'identifica con il corpo fisico che è ottuso e limitato. Fino a che l’identità e il senso di benessere rimangono soprattutto sul piano fisico rimarremo nell’oscurità del Tamas, che è quello che non si vede, il comportamento di cui non siamo coscienti, il comportamento che gli altri vedono e noi no. Tamas è l’energia nella mente che oscura qualcosa ma è anche statica e quindi tende a riportarci al passato.
Tamas è anche quello che deteriora e quindi distrugge ma che però quindi in questo modo permette la rinascita.

Questi tre guṇa sono le qualità che permeano la mente e che ne determinano l’inclinazione e le tendenze.

Caraka distingue diversi tipi di menti, permeate da uno o dall’altro di questi 3 principi.

Possiamo dire, esemplificando, che la mente sattvica è una mente equilibrata, la mente rajasica è una mente passionale e la mente tamasica è una mente rigida, confusa e inerte.

Possiamo distinguere quindi dei cibi con prevalenza di sattva, rajas o tamas, è questo è importante perché ci consente di influenzare lo stato della mente attraverso la scelta del cibo
Questo è un principio non utilizzato esclusivamente in Āyurveda ma anche nello Yoga tradizionale; in diversi testi classici si trova l’indicazione di quali siano i cibi da prediligere perché aiutano il percorso spirituale e quali invece è meglio evitare.

La dieta ideale è costituita da una prevalenza di cibi sattvici unitamente ad una alimentazione adatta alla propria costituzione ed al momento. Di fatto, una certa quantità di cibi rajasici e tamasici è necessaria per mantenere una vita attiva in questa società.

In linea molto generale:

  • cibi sattvici sono: cereali, latte, ghī, frutta fresca e matura, verdure fresche, legumi, miele e mandorle.
  • cibi rajasici sono: spezie, caffè, tè, cioccolata, alcolici, cibi acidi, sale, olive, yogurt, aceto 
  • cibi tamasici sono: carni, salumi, pesci, uova, formaggi, cibi conservati, raffermi, manipolati chimicamente o geneticamente, surgelati, fast-food. 

Il cibo salutare, secondo Caraka, è quello gradevole alla vista, al tatto, con un piacevole odore e sapore.

Queste indicazioni trovano riscontro in quanto viene definito nella Gheraṇḍa Saṃhitā (V.30,31)

Lo yogin eviti cibi duri, sgradevoli, maleodoranti, piccanti, stantii, molto freddi o molto caldi, né prenda bagni all’alba, digiuni o segua comportamenti che affatichino il corpo: così eviti di mangiare una sola volta al giorno, di non mangiare affatto e di mangiare entro le prime tre ore dall’ultimo pasto

Ṣaṭtriṃśataṃ sahasrāṇi rātrīṇāṃ hita bhojanaḥ
jīvaty anāturo jantur jitātmā saṃmataḥ satām / 

Colui che mangia in modo sano, padrone di sé e stimato dagli uomini buoni, vive per trentaseimila notti senza malattie.  — Caraka Saṃhitā - Sūtrasthāna, cap. XXV, 348

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Author: ayurvedicpoint