Il presente ed il futuro dell’Āyurveda

Il Presente Ed Il Futuro Dell’Āyurveda | Ayurvedic Point© - Scuola di Āyurveda, Milano

Dr. Antonio Morandi

(traduzione dell’articolo apparso su Dhanvantari - Journal of Ayurveda. 2014 Vol.1 n.1: 21-28)

Credo che in ogni cosa ed avvenimento vi sia una precisa ragione e quindi anche in questa occasione della rinascita di questo prestigioso giornale, che dopo decenni di silenzio riprende con rinnovato vigore la sua attività.

Il nome stesso del giornale, Dhanvantari, ne esprime la forza e la vitalità così come la divinità stessa ispiratrice e protettrice dell’Āyurveda, avatar di Viṣṇu, preserva e mantiene in questo caso la conoscenza della Scienza della vita. Preservare la conoscenza dell’Āyurveda è infatti un elemento di fondamentale importanza in questo momento storico dominato spesso dalla confusione, dalla frammentazione e dall’incertezza. Sicuramente l’Āyurveda non ha bisogno di essere preservata, essa è Dhanvantari, ovvero è la preservazione e la vita stessa, ma la sua conoscenza da parte degli uomini ne ha bisogno, eccome.

Sappiamo che l’uomo tende nella sua natura alla frammentazione ed alla distruzione, del resto già la definizione del corpo inteso come śarīra lo pone in una situazione di continua degenerazione. In questo processo è aiutato dall’instabilità della mente che come descrivono i saggi è paragonata ad una “scimmia punta dallo scorpione”. Questa rivista quindi rinasce anche per ricordarci del compito che tutti noi abbiamo nella preservazione della conoscenza e della tradizione, intesa come puro distillato evolutivo dell’esperienza. L’esperienza avviene nel mondo e deriva da ovvi meccanismi di adattamento al continuo modificarsi delle condizioni ambientali, tutti fattori che determinano e caratterizzano la nostra vita. Il cambiamento però avviene e deve avvenire sempre intorno ad un nucleo puro ed invariante ovvero nitya, che è fatto di principi che non si possono cambiare e che vanno sempre e comunque rispettati. Preservare la conoscenza dell’Āyurveda significa quindi permetterne l’applicazione corretta, nel mantenimento dei principi invarianti, ma adeguata al contesto ed alle modificazioni ambientali. L’applicazione dei principi è invece anitya e può variare per adeguarsi al continuo e naturale fluire delle cose e della vita. Da questa prima considerazione deriva un’attribuzione che possiamo dare all’Āyurveda da un punto di vista puramente pratico, ovvero come poter applicare adeguatamente i suoi principi eterni al contesto contingente. Questo ci consente anche di capire l’Āyurveda oltre che applicarne la conoscenza.

L’Āyurveda sta sicuramente vivendo un periodo di rinascimento nel mondo intero e soprattutto al di fuori dell’India; le iniziative di studio, le ricerche e la diffusione della sua visione e filosofia si sono moltiplicate in questi ultimi anni (1-4). La Ricerca sta fiorendo, secondo PubMed, il più grande database di lavori scientifici del mondo, negli ultimi 4 anni sono stati pubblicati sull’Āyurveda 1483 articoli su un totale di 3856 in un periodo che va dal 1945 ad oggi (5). Tutto questo senza contare gli svariati articoli pubblicati sulle riviste non indicizzate su PubMed. A questo riguardo, e a testimonianza della vivacità intellettuale del momento, è stata addirittura creato un database di soli articoli scientifici riguardanti l’Āyurveda, “dharaonline.org”(6), ed un altro è stato anche attivato dal Dipartimento dell’AYUSH(6).

Tutti questi articoli e queste iniziative sono la testimonianza delle numerose attività scientifiche svolte nel nome dell’Āyurveda, ma osservando con spirito critico, quante di queste attività ne preservano realmente la conoscenza? Molti di questi studi sono stati fondamentali nel contribuire alla diffusione del pensiero ayurvedico presso il mondo occidentale ed hanno finalmente chiarito anche alla scienza moderna aspetti e caratteristiche della Natura che erano descritte già da millenni in Āyurveda. Tutto ciò ha permesso di porre le basi per una migliore comprensione e condivisione degli intimi meccanismi e della logica peculiare dell’Āyurveda, migliorandone quindi la diffusione e la preservazione. La dimostrazione per esempio della base genomica del concetto di Prakṛti ha confermato l’attualità della visione scientifica dell’Āyurveda fornendo un particolare strumento di dialogo con la scienza moderna (7-15). Altri hanno cercato di fornire tramite strumenti comprensibili al mondo occidentale, quali fisica o logica dei sistemi complessi, una visione di concetti e principi tipici della cosmogonia e della filosofia ayurvedica quali dosa, guṇa o dhātu (16,17). Inoltre per la prima volta sono stati creati nuovi paradigmi per gli studi clinici che inseriscono variabili mai considerate prima dalla biomedicina e che consentono il monitoraggio attento e documentato delle strategie terapeutiche ayurvediche al confronto con quelle della medicina moderna (18-20). In questo modo si è quindi in grado di documentare ed investigare razionalmente e su base statistica gli effetti dell’approccio terapeutico multidimensionale dell’Āyurveda, offrendo anche alla medicina moderna spunti di estremo interesse per un’ottimizzazione dei propri metodi investigativi. Su quest’onda si sono inseriti inoltre contributi e riflessioni per un‘integrazione dei sistemi di pensiero e conoscenza tradizionale e moderno per fornire quindi nuovi parametri su cui elaborare una strategia preventiva e terapeutica più efficace e soprattutto adatta nell’affrontare le attuali problematiche della gestione della salute pubblica(21).

In queste riflessioni, il concetto di salute, nonostante manifesti variabilità nel suo approccio secondo norme sociali e credenze, è stato preso come paradigma poiché elemento comune a tutti i sistemi di conoscenza. Ne è derivata la conclusione che l’approccio alla salute secondo l’Āyurveda possa essere bene integrato e con successo in una visione più generale della salute e del benessere che va oltre i confini culturali ed ideologici, ridefinendo quindi la salute come un’interazione ottimale e consapevole fra gli individui ed il loro ambiente (22).

Un ulteriore elemento di enorme importanza che caratterizza questo periodo di diffusione culturale dell’Āyurveda proviene dal suo insegnamento e dalla formazione al di fuori dell’India. In Europa e nel resto del mondo sono sorte realtà didattiche di grande rilevanza locale ed internazionale che formano numerosi professionisti della salute e contribuiscono a diffondere i principi di prevenzione e cura della salute tipici dell’Āyurveda (23-26). Tutti questi elementi, e ve ne sono sicuramente altri, contribuiscono a disegnare un grande affresco in cui il pensiero ayurvedico si diffonde nel mondo e viene così condiviso,
assimilato ed integrato con grande rispetto per la tradizione e per l’epistemologia.

Tutti questi elementi ci riportano sempre e comunque alla visione unitaria che l’Āyurveda ha del mondo e dell’Universo, alle infinite correlazioni che modellano e definiscono la struttura ed il flusso della realtà e quindi all’essenza stessa del Dharma. Origine e metodologia è ciò che preserva questo tipo di conoscenza e ne mantiene intatti i valori ontologici ed epistemologici. Il pensiero che sottende l’Āyurveda e che ne definisce il senso è relazionale e sistemico, non esistono singole parti che non siano in relazione con il tutto anzi ogni singola parte ne esprime l’essenza più profonda. “Tutto in uno ed uno in tutto”. Anche in occidente nei tempi antichi era ben presente questo tipo di pensiero che purtroppo andò perduto a partire dal 529 con la chiusura da parte dell’Imperatore Giustiniano della Scuola di Atene in Grecia, fondata da Platone nel 387 a.c., da qual momento l’Occidente revocò la visione spirituale ed olistica della vita e della medicina. Hólos è la radice greca da cui deriva il termine “olistico” e che significa “tutto intero”, e infatti nell’antichità l’idea greca della buona salute era basata su concetti di coerenza, salutogenesi, sostenibilità ed armonioso rapporto fra mente e corpo; tutti fattori che derivavano, secondo la visione di quel tempo, dall’equilibrio spontaneo nell’organismo di quelli che venivano definiti i 4 umori (sangue, flegma, bile gialla, bile nera) in relazione ai 4 elementi (Terra, Fuoco, Acqua, Terra). Equilibrio che deriva fondamentalmente da una dieta corretta e da uno stile di vita appropriato. A ben vedere questi concetti non sono poi così dissimili da quelli esposti in Āyurveda.

Questa antica conoscenza greca fu portata alla riflessione e verifica razionale da Ippocrate nel V sec a.c., colui che può essere definito il Caraka dell’antica Grecia, ed in seguito articolata e commentata da altri grandi saggi quali Galeno, Dioscoride (autore della più grande Materia Medica della Medicina Greca), Plinio, Celso: essa fu poi assorbita e raffinata dalla Medicina Araba e dalla Medicina Bizantina e, attraverso la Medicina Monastica Occidentale, è arrivata fino a noi al XIX secolo ed inizi del XX secolo. Con l’emergere della medicina scientifica però si iniziò a frammentare la conoscenza, selezionando negli elementi naturali i principi attivi, verificandone l’efficacia e redigendo farmacopee basate sulla purezza degli ingredienti e sulla loro efficacia specifica. Tutta questa operazione, anche attraverso il non indifferente contributo dell’industria farmaceutica, portò ad enormi profitti economici ma iniziò a spostare inesorabilmente l’attenzione solo sulla malattia a discapito delle persone che ne soffrivano, separandola ed isolandola dal contesto in cui si era manifestata. Questa visione ha portato poi alla perdita del quadro d’insieme che era tipico nell’antica medicina greca e, come sappiamo, di tutte le medicine tradizionali compresa ovviamente l’Āyurveda. Ad oggi, questo ha portato anche a conseguenze importanti nel campo delle attività di ricerca sulle Medicine Tradizionali, ed infatti proprio per questo motivo, come spiegherò più avanti, non tutto quello che viene fatto nel nome dell’Āyurveda è destinato alla preservazione della sua grande conoscenza.

La medicina scientifica o moderna, o Biomedicina, ha indubbiamente compiuto grandi progressi concentrandosi su organi e sistemi ma a spese dell’essere umano inteso come un tutt’uno, Hólos, appunto. La saggezza della “scienza” viene sminuzzata, passata al setaccio e al tempo stesso, non senza sorpresa, al paziente non è richiesto un atteggiamento responsabile nei confronti della propria salute. La biomedicina, un po' per i suoi successi ma principalmente per gli enormi interessi economici che ne sono derivati, che spesso ne alterano e deviano l’attività di ricerca a favore di interessi privati, è divenuta il sistema medico di riferimento del mondo moderno, ed il suo pensiero riduzionista è oggi dominante nel mondo scientifico. Tanto è la sua forza e inarrestabile la sua propagazione che questo orientamento sta entrando di prepotenza anche nell’indagine scientifica dell’Āyurveda, allontanandola dalla sua vera essenza e non contribuendo di certo alla preservazione della sua conoscenza, ontogenesi ed epistemologia.

Lo snaturamento dell’indagine scientifica in Āyurveda avviene, al netto della spinta deviante degli interessi privati la cui trattazione in dettaglio esula da questo articolo, principalmente attraverso due modalità: la prima è il bisogno di giustificare la visione dell’Āyurveda attraverso i mezzi della scienza moderna ritenuta come dicevamo depositaria del metro di giudizio assoluto, poiché ricca, potente e diffusa nei nei paesi cosiddetti evoluti; la seconda modalità, più sottile ed insidiosa, avviene attraverso la cosiddetta Medicina Integrata, una novità sorta negli ultimi 20 anni che ha lo scopo di congiungere con una sorta di “matrimonio” le medicine alternative e la biomedicina. La Medicina Integrata che nell’intenzione è un’idea encomiabile e di ampio respiro, nella pratica si rivela invece rigida e ottusa nella maggior parte dei casi. L’integrazione nella sua forma più genuina richiede una revisione profonda del pensiero che porti ad un salto epistemologico, revisione che deve derivare da un contributo paritario dei due sistemi di pensiero, il che nelle condizioni attuali di dominanza della biomedicina, non può avvenire se non con un notevole atto di umiltà che attualmente non trova spazio. Quindi nella maggior parte dei casi, la Medicina Integrata, o quello che viene fatto usando questa denominazione, cerca di includere in modo totalmente acritico ed arbitrario tecniche provenienti da diversi sistemi di conoscenza sotto un unico cappello, con l’unico scopo di dimostrare una maggiore efficacia nella cura delle malattie, appiattendo se non eliminando completamente qualsiasi riferimento storico, culturale ed epistemologico. Per cui la Medicina Integrata, agendo sintomaticamente sulle malattie, non si rivela altro che una diversa modalità di agire della Biomedicina. Queste modalità di ingresso del pensiero biomedico nell’Āyurveda sono dannose alla sua essenza profonda e di fatto ne impediscono la conoscenza e la relativa possibile corretta applicazione.

La scienza moderna è caratterizzata in struttura logica e metodologia dal suo bagaglio riduzionista, in cui la realtà appare formata da oggetti indipendenti per cui riuscire a controllare gli oggetti significa controllare la realtà. La conoscenza è così costituita da unità multiple di informazioni, la cui singola identificazione sarà possibile e costituirà un successo contingente, ma fallirà miseramente nella percezione dei processi e dell’insieme. Lo studio dell’Āyurveda se viene effettuato secondo i metodi della scienza moderna si riduce quindi solo alla mera verifica dell’efficacia di alcuni preparati in specifiche condizioni, o alla possibilità che alcune delle sue pratiche possano essere incluse nella pratica medica corrente. Non viene considerato l’insieme né, per la natura stessa della scienza moderna, la valenza olistica tipica dell’Āyurveda che si esprime ad esempio nella multidimensionalità diagnostica e terapeutica. Il sistema ontologico alla base dell’Āyurveda non ha così alcuno spazio nel regno della medicina moderna, a meno che non adotti il suo modello di pensiero e la sua struttura teorica e metodologica. Così facendo però si chiede all’Āyurveda di snaturarsi, negare le sue stesse basi e la sua identità epistemologica.

È quindi estremamente importante che un serio ricercatore in Āyurveda si ponga questo problema prima di eseguire esperimenti e studi che possono non servire molto alla conoscenza dell’Āyurveda ma al contrario ne possano minare la dignità, la preservazione e addirittura la stessa esistenza. La ricerca in Āyurveda deve servire alla conoscenza dell’Āyurveda e non a confermare i limiti della scienza moderna. Essa va fatta quindi secondo il costrutto logico dell’Āyurveda e non secondo quello della scienza moderna.

Questa affermazione può apparire un controsenso poiché si potrebbe obiettare che se devo spiegare l’Āyurveda alla scienza moderna dovrò farlo con i mezzi della scienza moderna, ed invece no, è qui che si annida l’errore. È importante riflettere sull’essenza della scienza moderna e dell’Āyurveda, esse sono profondamente diverse: la prima è esclusiva cioè tende ad escludere, a parcellizzare per poter spiegare i fenomeni, mentre la seconda è inclusiva e tende quindi ad eliminare le separazioni per arrivare ad una visione complessiva e d’insieme. La prima tende a dare i nomi alle cose, la seconda a trovare le relazioni fra di esse. La scienza moderna in quanto esclusiva per definizione non potrà mai spiegare l’Āyurveda, ma sicuramente può avvenire il contrario. La scienza moderna deriva dal pensiero dell’uomo e quindi dalla segregazione naturalmente operata dai sensi mentre l’Āyurveda è la rivelazione della Natura attraverso la Natura stessa, aldilà della limitazione sensoriale tipicamente umana. La logica dell’Āyurveda è infatti non umana, è la logica della Natura che include anche quella umana.

Ed è infatti solo operando attraverso la riduzione delle barriere dell’ego che possiamo percepire il carattere inclusivo dell’Āyurveda e quindi l’insieme della Natura come essa semplicemente è, paradossalmente con incluse tutte le frammentazioni operate dal metodo scientifico moderno. Possiamo quindi confermare quanto anzi detto, che l’Āyurveda può spiegare la scienza moderna ma non può avvenire il contrario. Ed è questo il Kurukṣetra in cui ci troviamo, la grande sfida che ci aspetta, la sola sfida che ci permetterà di preservare la pura conoscenza dell’Āyurveda, di adattarla al contesto attuale e che consentirà alla scienza moderna di fare un salto evolutivo. La sfida è rendere disponibile l’Āyurveda con la sua natura olistica alla scienza moderna e di operare quindi un’integrazione epistemologica che possa consentire un’evoluzione del pensiero a favore di tutta l’umanità.

Ma come si può fare e che tipo di ricerca quindi dobbiamo considerare? Torniamo quindi alle considerazioni iniziali, così come l’Āyurveda non ha bisogno di essere preservata non ha bisogno, in effetti, neanche di ricerca poichè essa è quello che è, è invece l’uomo ad averne bisogno per comprenderla e preservarne la conoscenza, per soddisfare il Tapas che alimenta la nostra vita stessa. Manteniamo questa sottile ma importante distinzione, la ricerca serve all’uomo per conoscere ed accettare sé stesso e la sua posizione nella Natura. Questa distinzione quindi ci evidenzia che non vi possono essere limiti imposti dall’uomo alla ricerca ma deve essere guidata dall’etica inerente alla Natura stessa. Sarà importante quindi non cadere nel tranello del metodo scientifico unilaterale proposto ed imposto dagli uomini della scienza moderna. Affinché l’Āyurveda possa essere compresa dalla scienza moderna, essa deve essere solamente tradotta, con mezzi ad essa coerenti, e non deve essere giustificata secondo principi non suoi. Ed è questa “traduzione” il cuore della ricerca che l’uomo necessita per comprendere e preservare l’Āyurveda: la generalizzazione dei principi dell’Āyurveda sarà elemento determinante per la loro conversione in termini comprensibili dalla scienza moderna, e per la lettura in termini ayurvedici delle variabili locali, per una fruizione globale dell’Āyurveda da parte di tutti nel rispetto delle culture, etnie ed ecosistemi. La caduta delle barriere culturali nel rispetto della Tradizione e l’integrazione del sapere sarà la migliore delle garanzie per la preservazione della conoscenza.

 


 

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Dr. Antonio Morandi Medico Ayurvedico | Ayurvedic Point©, Milano

Dr. Antonio Morandi

Direttore della Scuola Ayurvedic Point


Medico, Neurologo ed Āyurveda Vaidya (Āyurveda Academy, Pune, India - Joytinat International College of Āyurveda), è co-fondatore, assieme a Carmen Tosto, di Ayurvedic Point di cui è Chairman e Direttore dal 2002 della Scuola di Āyurveda “Ayurvedic Point”, certificata ISO 9001:2015 e il cui Corso per Tecnici è qualificato secondo la normativa UNI 11756:2019. Il Dr. Morandi è anche Presidente della Società Scientifica Italiana di Medicina Ayurvedica (S.S.I.M.A.)

Autore
Author: Dr. Antonio Morandi